GEOCACHING – LA CACCIA HA INIZIO… PIU’ O MENO
Il geocaching è una sorte di caccia al tesoro, dove viene sfruttato un ricevitore GPS trovare dei contenitori, chiamati cache, di differenti tipi e dimensioni.

Trattandosi del primo post su questo argomento, iniziamo a parlare del geocaching.
Cos’è il geocaching?
Si tratta di una sorta di caccia al tesoro, dove si sfrutta un ricevitore GPS (banalmente il proprio smartphone) per nascondere o trovare dei contenitori impermeabili, chiamati geocache o cache, di differenti tipi e dimensioni. Un cache solitamente contiene un registro (logbook), una penna/matita e altri piccoli oggetti, a seconda della dimensione del contenitore.

Un volta trovato, si firma il logook all’interno e registrato il ritrovamento su uno dei siti dedicati. Il più diffuso è ovviamente quello ufficiale, www.geocaching.com. Il cache viene dunque nascosto nuovamente nello stesso luogo, in modo da poter esser trovato dagli altri partecipanti.
Solitamente vengono nascosti in luoghi particolari o suggestivi, in modo da renderli più popolari o diffonderne la storia. Va da se che per l’intero processo sia nacessario l’accesso a internet.
Come è nato?
Il geocaching inizia a diffondersi negli Stati Uniti all’inizio del 2000, per la precisione il giorno dopo la rimozione del Selective Abailability; un sistema che disturbava i GPS civili, compromettendone la precisione.
Proprio per verificarne la disattivazione, un cittadino si recò nelle colline intorno a Portland, nascondendo un contenitore (il primo cache) con libri, videocassette, un block notes e una penna, inviandone poi le coordinate in un newsgroup. L’idea venne così apprezzata che in pochi giorni altri membri del gruppo iniziarono a nascondere cache in tutti gli Stati Uniti e a firmarne i logbook trovati all’interno.
In Italia il primo cache venne nascosto in Sicilia, il 27 aprile 2001.
Prime ricerche… infruttuose
Dopo essermi informato per bene sul funzionamento del “gioco” e registratomi sul portale, il giorno del mio compleanno (22 settembre) decido di andare alla ricerca dei cache più vicini alla mia posizione, situati tutti sul vulcano Etna.
Con l’auto arrivo il più vicino possibile al luogo del primo cache, il quale risulta trovarsi in cima ad una piccolo monte. Purtroppo la mia mancanza di esperienza mi porta ad impiegare un paio d’ore per arrivare in cima, a fronte dei 15 minuti indicati. Solo dopo scoprirò che, sull’app dedicata, l’autore solitamente indica dove lasciare l’auto e spiegato in qualche modo il percorso da seguire, oltre ad essere presente una sezione commenti. A mia discolpa, sul momento non ho potuto verificare questi dati a causa dell’assenza di connessione.

Stremato dopo aver scalato ripide salite, tra rovi e sterpaglie, arrivo in cima per scoprire che ovviamente era presente un comodo sentiero (per lo meno lo utilizzerò per il ritorno) ma soprattutto, nonostante le indicazioni, non riesco assolutamente a trovare il cache. In compenso, sotto le roccie indicate, trovo una bella biscia ad aspettarmi. Dimenticavo l’aspetto più importante: il tutto sotto la pioggia.

Un po’ sconfortato, decido di cercare altri due cache nei paraggi, decisamente più semplici da raggiungere. Il primo tra i ruderi di una costruzione in pietra lavica, il secondo sul fondo di un cratere spento. Dal titolo di questo paragrafo, potete intuire che anche in questo caso non ho trovato nulla.
Primi ritrovamenti
A questo punto decido di abbandonare l’impresa, anche perché non sono presenti altri cache nelle vicinanze. Settimane dopo mi reco sulle Madonie e mi rendo conto che nelle vicinanze sono presenti diversi contenitore e, fortunatamente, decido di riprovarci un’ultima volta.
Nonostante la solita assenza di connessione, stavolta fila tutto liscio. Il punto è molto vicino alla strada ma soprattutto, con mia grande sorpresa, IL CACHE E’ PRESENTE. Certo… l’aspetto lascia un po’ a desiderare, visto che si tratta di un raccoglitore per le urine, ma questo non conta. Firmo il logbook, scatto un paio di foto per documentare il ritrovamento e loggo il tutto sul portale. Finalmente sparisce lo 0 dalla dicitura “Ritrovamenti”.


Preso dall’entusiasmo, decido di cercarne altri, in particolare due molto vicini tra di loro. Il primo purtroppo è assente ma il secondo… è li. Un piccolo contenitore, che non sembrerebbe altro che un porta rullino fotografico. Documento nuovamente il tutto e a questo punto sono ormai diventato a tutti gli effetti un geocacher. Obiettivo successivo, raggiungere i 10 ritrovamenti, in modo da poterli nascondere anche io.


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